1

Il Rispetto della Magia

Esiste davvero la magia?

E’ magico lo sconvolgente panorama  del Grand Canyon forgiato incredibilmente dal fiume Colorado? E’ magica l’atmosfera che profuma il molo di Malibu con alle tue spalle le memorabili  scogliere californiane e innanzi a te i surfisti che attendono la grande onda?

E’ magia oppure e’ semplicemente lo stupore del viaggiatore?

E’ magico il parto di un bambino, la nascita di un essere umano e la continuazione ancestrale dell’umanità?

E’ magia oppure e’ la  natura che vuole mostrarsi nella sua perfezione?

Forse non e’ necessario scomodare la natura per stabilire se la magia esiste e forse dobbiamo solo  strizzare gli occhi e guardare con più attenzione. In maniera divera.

Vi voglio parlare di un nuotatore che ha fatto la Storia del Nuoto. All’età di sette anni Pablo Morales fu iscritto nello Swim Club Santa Clara. Non lo fece perché aveva aspirazioni di vincere un oro olimpico ma perché era assolutamente necessario che imparasse a nuotare. I genitori di Pablo erano appena emigrati da Cuba e la sua amata madre era quasi annegata durante il viaggio.

Adesso il nuoto era una priorità per l’intera famiglia Morales.

Al giovane Pablo piacque da subito la farfalla. Gli veniva meglio rispetto alle altre nuotate. In seguito dirà che è lo stile che sceglie te, non l’incontrario.

Un decennio più tardi Morales è magro, alto 1 metro e 85 e in piedi sui blocchi di Indianapolis ai Trial Olimpici Statunitensi in competizione per rappresentare il suo nuovo paese ai Giochi Olimpici di Los Angeles.

Nella sua disciplina, i 100 farfalla, si  tuffò sapendo di non aver rivali e “demoli’” il muro di arrivo in un turbinio di schiuma spumeggiante. Diventò il più veloce di sempre: 53,38 record mondiale.

Appena un mese dopo, Morales era il chiaro ed evidente favorito per vincere l’oro alle Olimpiadi di Los Angeles.

Ma Michael Gross della Germania Occidentale, un uomo la cui apertura alare raggiungeva l’improponibile distanza di 2 metri e 08 centimetri ( avete letto bene?) sconvolse Morales che schiacciato psicologicamente dalla presenza dell’”Albatros” restò a 7 decimi dal suo record mondiale. Il contingente tedesco occidentale in tribuna urlava a squarciagola la gioia per la vittoria del pupillo teutonico mentre Morales restava  agganciato alla corsia con la testa tra le mani. Tutto quello che sentiva era  il silenzio della sconfitta. E il bruciore.

Nel corso dei due anni seguenti Pablo avrebbe continuato gli allenamenti desideroso di riscattarsi a Seoul 1988. I due campioni si incontrano nuovamente nel 1986 e Morales si riprese il record del mondo volando per la prima volta sotto i 53 secondi.

Le Olimpiadi di Seoul si avvicinavano e senza ombra di dubbio Pablo era il predestinato alla vittoria e alla rivincita. Smise il College l’anno precedente al fine di mettere tutto le energie che aveva per la conquista dell’oro.  Nulla sarebbe stato risparmiato e non voleva assolutamente correre alcun rischio.

Con Morales il chiaro favorito, i finalisti dei Trial Americani che decidevano  i due rappresentanti alle Olimpiadi montarono sui blocchi di partenza pronti alla guerra. Pablo aveva 23 anni, aveva esperienza,  aveva il record del mondo  ma soprattutto aveva ancora la ferita aperta e arroventata del mancato oro nella precedente edizione dell’Olimpiade.

Ma il suo biglietto per  Seoul non lo aveva ancora in pugno.

Giunse terzo dietro al suo compagno di squadra Jay Mortensen e alla futura stella delle Olimpiadi di Seoul Matt Biondi.

Per Pablo questa non fu solo una delusione. Fu la fine.

Tutto l’allenamento, tutto il duro lavoro svanirono in un attimo. Era giunta il tempo di dire basta. Non sopportava  più le delusioni, lo sconforto e l’angoscia.

Era il momento di andare avanti con la vita fuori da una piscina e Pablo attaccò il suo costume Speedo ad un chiodo e si allontanò dallo sport. Per sempre.

1991

Quando Morales lasciò il nuoto lo lasciò per davvero. Nel corso dei 3 anni seguenti a malapena immerse un piede in una piscina.

Non era la mancanza della medaglia d’oro alle Olimpiadi nei 100 farfalla che lo convinse a smettere ma la sensazione che non potesse diventare in nessun caso il miglior delfinista in assoluto

Ma il destino serbava per lui ulteriori disgrazie.

Durante l’estate del 1991 l’amata  mamma di Pablo si ammalò e scomparve prematuramente in un paio di mesi. Fu un durissimo colpo. Allora decise  di provare a tornare in acqua.

Solo per  vedere cosa poteva fare.

Tornò al vecchio allenatore del college, Skip Kennedy, a Stanford e iniziò ad allenarsi di nuovo. Aveva bisogno di pensare ad altro per distogliere il suo pensiero dalla mamma appena deceduta. Con sette mesi di allenamento ai Trials nuotava un secondo sopra il suo record; ma non ebbe importanza; fu sufficiente per metterlo in squadra.

E questo era tutto quello di cui aveva bisogno.

Alle olimpiadi di Barcellona del 1992 Morales mostrò subito il suo marchio di fabbrica contrassegnando con il miglior tempo l’accesso alla finale

27 anni. Ma ancora tanti dubbi, tante paure. In finale c’erano il campione olimpico Anthony Nesty del Suriname e il polacco Rafael Szukala. Quella notte Pablo uscì in una calda serata di Barcellona, a braccetto con il padre e con la madre nel cuore.

Era giunto il tempo del pronti via. Finalmente. Pablo si alzò sul blocco di partenza e prese un enorme respiro purificatore di ogni pensiero negativo. Si abbassò e strinse forte le dita al blocco di partenza.

In realtà lui non si ricorda neanche oggi cosa accadde dopo.

I nuotatori parlano di una gara surreale, epica, leggendaria e….magica. Morales prese un metro di vantaggio alla virata dei 50 ma Nesty e Szukala tornarono sotto di lui di gran carriera. Sembrava che la storia fosse destinata a ripetersi.

Dannazione, ci risiamo.

Si infransero insieme sul muro di arrivo. Impossibile dire chi ha vinto. Morales esitò prima di voltarsi e il silenzio avvolse gli spalti.

Quando si girò, finalmente vide quello che aveva sempre sognato da quando ammirava il suo eroe Mark Spitz. Il numero uno davanti al suo nome.

Fu  oro.

Talvolta raggiungere un obbiettivo sarà più difficile del previsto. La sorte vi metterà a dura prova, vi schiaccerà e vi farà piangere.  Ma ci sarà qualcosa che vale più del tempo, del sudore ,dell’energia e del sangue.

La magia e’ costantemente con noi; purtroppo non abbiamo gli occhi adatti per vederla.

Gli occhi di chi ha sofferto. E soffre

Gli occhi di chi non si e’ arreso. E non si arrende.

Gli occhi di chi ha amato. E ama.

Sul podio per ricevere la medaglia d’oro qualcuno intravide una forma femminile accanto a Pablo. Qualcuno dice che  era sua madre.

 

Ci vediamo in piscina

 

 

 

 

 




Il nostro modo di gestire il Fallimento

Ciao,

quale e’ la tua reazione quando in piscina o a scuola le cose non vanno come vorresti?

O meglio, una volta che hai perfettamente compreso un fallimento e hai sfogato la rabbia e la frustrazione in “Diosolosa” quale maniera, come reagisci?

Ti arrendi?

Oppure usi il fallimento come combustibile a 100 Ottani per qualcosa di più grande?

Spero che l’irritazione rimanga li e che bruci ancora dentro di me…….”

Voglio raccontarvi la storia di un grande nuotatore che ha fatto La Storia del Nuoto. Mike Barrowman aveva appena raggiunto il sogno di ogni nuotatore; aveva tolto 5 secondi al suo miglior tempo nei 200 rana e si era qualificato per la squadra olimpica Usa Seul 1988. Aveva solo 19 anni e non si aspettava certo una prestazione di questo livello. Contento? You bet your butt (……..)

Ma le sorprese non erano ancora finite. Con solo sei settimane di allenamento fino alle Olimpiadi, Barrowman aveva alzato l’asticella delle sue aspettative. Ora lui non era soltanto dentro la squadra, ma era il favorito per un oro olimpico.

A Seoul la finale olimpica non e’ andata bene.

Dopo i primi 20 metri di gara il suo allenatore Jozef Nagy capì che il suo pupillo non era pronto a gareggiare con i migliori del mondo. “ Era ovvio che era molto spaventato”, ha detto Nagy. “ Non era mentalmente e tecnicamente  preparato alla pressione di una finale olimpica”

Al termine della competizione giunse quarto. Barrowman era così devastato dal risultato che fece trascorrere 6 mesi prima di rivedere il video della gara.

Al ritorno dai Giochi Olimpici decise di fare tutto il necessario per diventare il miglior ranista del pianeta. Disse: “Non voglio trascurare alcun dettaglio, non importa quanto piccolo sia”.

Durante i lunghi giorni di allenamento, dove passera’ 6-7 ore al giorno in acqua con il collega ranista Sergio Lopez, quando la fatica e il dolore lo avvolgevano pensava continuamente al fallimento di Seoul.

Egli ricordava la delusione.

La frustrazione.

E come non avrebbe mai e poi mai che un tale risultato accadesse di nuovo.

“ Quando mi sarò dimenticato cio  che e’ successo a Seoul, allora sarò nei guai”  ha detto Barrowman dopo aver abbattuto il record del mondo nel 1990 ai Goodwill Games a Seattle. “ Spero che rimanga li, che bruci sempre dentro di me”.

Tre anni dopo, alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, Barrowman ha dominato il campo, vincendo l’oro di oltre un secondo e frantumando il record del mondo per la sesta volta.

Ogni volta che pianifichiamo un obbiettivo sportivo o scolastico mettendo il meglio di noi stessi e poi cadiamo piatti con il viso al suolo fallendo miseramente noi abbiamo due opzioni.

Opzione uno e’ quella di smettere, abbandonare tutto. Abbiamo già provato vero? La nostra incapacità di mettere a fuoco l’accaduto, di capire gli errori e le responsabilità ci spinge a distruggere il lavoro fatto finora.

Opzione due è che usiamo il fallimento come un trampolino di lancio per qualcosa di grandissimo. Ma si, diciamoci la verità: il virtuosismo, come la fortuna e la sfortuna,  non esiste. E’ la scusa dei perdenti. Naturalmente esiste la genetica, il talento ma anche e soprattutto il lavoro, il duro lavoro.

I Campioni non falliscono mai? Puttanate!! …..anche se raramente.

Ma hanno l’abitudine, dopo avere pianto e sfogato la propria frustrazione, di trasformare un fallimento in qualcosa di positivo, in qualcosa di migliore.

Ci vediamo in piscina