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ATLETA e ALLENATORE: una CASSAFORTE e la sua COMBINAZIONE

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Posted by nuotounostiledivita

Chiunque abbia nuotato a livello agonistico ha avuto un allenatore: troppo severo o eccessivamente amichevole, vecchio e simpatico o giovane e noioso, ci sono un’infinità di diverse categorie di allenatori; ciò che li accomuna è il ruolo chiave che essi svolgono (spesso dimenticato o sottovalutato) in grado di portare al successo (o all’insuccesso) del nuotatore.

Energia, autorevolezza, determinazione, capacità comunicativa, e conoscenze tecniche sono solo alcune delle qualità che un buon allenatore deve possedere. Di fatto quello dell’allenatore è un ruolo fondamentale nella formazione di un atleta, a livello fisico, tecnico e psicologico, insomma, allenare non è affatto semplice; citando Ferguson:

“Allenare significa affrontare una serie infinita di sfide: la maggior parte di esse ha a che fare con la fragilità dell’essere umano.”

Sì, perché tra un buon allenatore e un buon atleta si crea un legame sentimentale e di fiducia reciproca: alla base di una buona sintonia vi deve essere un rapporto che permette di superare anche i momenti più bui e difficili. Una delle fondamentali caratteristiche di un allenatore è avere una profonda comprensione empatica dell’atleta: deve essere in grado di comprendere quello che l’atleta sta provando, quali sono le sue sensazioni e i suoi pensieri, così che sia in grado di aiutarlo nel momento della necessità.

Alcuni sostengono che il ruolo degli allenatori sia semplicemente quello di allenare gli atleti facendo in modo che raggiungano i propri obiettivi, e sebbene questa definizione non sia strettamente errata, è estremamente superficiale e nasconde quello che è il vero difficile compito di un allenatore. Perché il coach ha la responsabilità di educare i nuotatori, ha l’arduo compito di far nascere in loro un costruttivo atteggiamento critico delle proprie performance, è colui che deve scoprire e mostrare al mondo le potenzialità di un nuotatore, deve essere un maestro il cui ruolo è quello di insegnare tecniche e strategie, deve essere in grado di incoraggiare e correggere, sgridare e aiutare.

L’allenatore incarna allo stesso tempo il poliziotto buono e quello cattivo, è contemporaneamente un padre, un maestro e un amico; il rapporto tra allenatore e atleta è uno di quei rapporti magici che caratterizzano il genere umano: perché il nuotatore non è semplicemente qualcuno che ti dice cosa fare, è molto, molto di più.

Concludo con un doveroso ringraziamento a tutti i miei allenatori (senza distinzione alcuna), perché mi hanno reso il nuotatore che sono oggi, e dedico a tutti voi (nuotatori e allenatori) una frase che ho scritto rivisitando due citazioni a me molto care (la prima di Mohamed Dalì, la seconda di Bob Bowman):

“campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, ma per raggiungere il tuo obbiettivo hai bisogno di qualcuno che creda in te, che si metta in gioco e veda in grande dentro i tuoi occhi e dentro le tue bracciate. L’allenatore non è semplicemente quello che sta di fianco al blocco e ti dice cosa fare. Un allenatore diventa un po’ come un papà, a volte buono a volte cattivo, che ti urla addosso quando hai bisogno di una scossa e che ti abbraccia quando sa che ce l’hai messa tutta. L’allenatore diventa il tuo migliore amico in vasca, quello che ha sempre le parole giuste e gli allenamenti più duri, si dice che il 95% del risultato sia dell’atleta, dovuto alla sua maturità psico-fisiologica, ed il 5% dell’allenatore. Però questo 5% ha un peso impressionante: l’atleta e l’allenatore sono come una cassaforte e la sua combinazione.”