LOTTE IN CORSIA: VELOCISTI VS FONDISTI

Di SOFIA

Tra velocisti e fondisti corre buon sangue… fino a quando non arriva l’allenamento specifico. Pensavate che il nuoto fosse uno sport pacifico e che gli unici litigi nascessero perché il compagno di squadra che fa il compleanno non porta la torta? Allora non siete mai stati in una squadra che comprende, insieme, velocisti e fondisti! Il nuoto è bello perché è vario: quali sono i reali motivi delle dispute, oltre le sostanziali differenze dell’allenamento?

Il nuoto è ufficialmente sport olimpico dal 1896 ma, a dire il vero, esiste un lato di questa disciplina che sembra assumere connotati medievali: la divisione tra velocisti e fondisti ricorda quella delle casate dei secoli bui, sia per la netta separazione che per il “patriottismo” dei membri delle fazioni.

Tra velocisti e fondisti corre buon sangue… fino a quando non arriva l’allenatore che, dritto e fiero dietro al blocchetto di partenza, con il cronometro saldamente tenuto in mano, dice “oggi allenamento specializzato: dividetevi in velocisti e fondisti.”

Si sente lo scrosciare dell’acqua a causa dei repentini spostamenti di corsia; in questo trasloco, una pinna viene malamente abbandonata sul fondo della vasca e qualche goccia di integratore si mischia al cloro.

Il coach pronuncia quella frase, quell’incantesimo, e la vasca viene totalmente stravolta per assumere una nuova disposizione.

I velocisti sghignazzano perché non dovranno affrontare dure ripetute da 200 metri (ma non significa che il loro allenamento sarà meno pesante) e i fondisti che, sconsolati, lanciano occhiate fiammeggianti ai loro compagni e attendono inesorabilmente di ascoltare una serie che non finisce mai.

Ogni nuotatore è diverso dall’altro. Come due fiocchi di neve, non si trovano due nuotatori che abbiano la medesima struttura fisica, composizione muscolare e attivazione nervosa.

A seconda della naturale predisposizione verso gare più o meno lunghe, viene effettuata la divisione in velocisti (gare da 50 e da 100) e in fondisti (dagli 800 in su). Esiste un’altra stirpe, quella dei mezzofondisti, le cui specialità sono i 200 e i 400 metri.

I 400 si avvicinano più al fondo mentre i 200, la distanza tecnicamente più difficile da nuotare, con molte controversie vengono attribuiti alla velocità mentre diverse scuole di pensiero li vedono sfumare verso il fondo.

Ciò non cambia il sunto del discorso che verte sull’attitudine di nuotare diverse distanze, ed è un istinto innato che si specializza nel tempo.

Scopri di appartenere a una delle due categorie sulla falsariga del “appello Parlante di Harry Potter, solo che al suo posto c’è il tuo allenatore che è comunque uno stregone, e infatti qualcosa di magico, in lui, è presente.

Non solo perché è in grado di pronunciare quell’anatema che stravolge una piscina, ma anche perché compie piccole magie ai suoi atleti riuscendo a farli migliorare di volta in volta con costanza.

Anche se uscire vivo da un 400 misti, più che un incantesimo, è un miracolo.

Esistono però moltissimi fattori che, sia durante sia alla fine dell’allenamento, scatenano controversie più o meno accese; tre delle quali sono un must di ogni squadra:


1. Uscire dalla vasca

I nuotatori non sono persone superficiali. Sono dediti al sacrificio ed esistono varie motivazioni che li spingono a nuotare, ogni giorno, avanti e indietro su una striscia nera. Ma per tutti, uno dei momenti più belli, attesi e simbolici, è uscire dalla vasca.

Sebbene la piscina sia ormai un habitat naturale per il nuotatore e quest’ultimo sia pazzamente innamorato del proprio sport, uscire dalla vasca è il vero obiettivo quotidiano.

Uscire dalla vasca non soltanto decreta la fine del massacrante allenamento, ma simboleggia anche la doccia calda subito dopo, tornare a casa e, perché no?, riposare – insomma, uscire dalla vasca è un momento sacro e agognato da tutti i nuotatori, che trascende dalle inclinazioni di quest’ultimi.

Proprio perché è così importante, il fatto che i tuoi compagni di squadra velocisti abbiano ultimato il loro lavoretto – perché poche ripetute da 25 e 50 metri non sono degne di essere classificate come lavoro centrale – e stiano uscendo dalla vasca mentre tu, povero e desolato fondista, hai ancora da ultimare un chilometro e mezzo di soglia… È distruttivo.

“È tutta invidia” diranno i velocisti.

“Avete ragione” ribatteranno i fondisti. Seguono poi insulti e imprecazioni che i velocisti non sono in grado di sentire, poiché sono già in spogliatoio ad asciugare i capelli.


2. I turni in palestra

Conseguentemente al lavoro svolto in acqua, anche in palestra vi sono lavori diversificati.

Questa volta la bandiera della vittoria è agitata dai fondisti che, in quanto mettere troppa massa muscolare è ostacolante per le prestazioni, non devono passare intere ore rinchiusi in quattro anguste mura in compagnia di attrezzi per il weightlifting.

Non è soddisfacente quanto uscire dalla vasca, ma anche uscire dalla palestra lasciandoti alle spalle chi dovrà ammazzarsi ancora di leg press e altri mille attrezzi ha un suo perché.

Fuori è buio ed è tardi. Due membri della stessa squadra dormono beatamente. Il fondista lo fa nel suo morbido e tiepido letto, il velocista… lo fa sulla panca piana, dura e stretta che, dopo l’ennesima ripetuta di forza-veloce, sembra il più adatto giaciglio per conciliare il sonno.


3. I pomeriggi di gare

Che siano Criteria nazionali giovanili o il Meeting provinciale, una corretta organizzazione vuole che le gare siano spalmate abbastanza uniformemente durante i due o più giorni di gare.

Anche se, qualsiasi combinazione probabilistica si provi, ci saranno sempre due gare attaccate – è la legge di (Ryan) Murphy dei nuotatori – che consentiranno il riposo massimo di un quarto d’ora tra una e l’altra.

I velocisti e i fondisti piangono entrambi con un occhio solo. I 50 e i 100 si svolgono quasi esclusivamente al mattino ed è una tragedia tuffarsi in acqua, spesso congelata, alle sette del mattino per riscaldarsi.

D’altro canto, gli 800 e i 1500 sono sempre durante l’ultima sessione di gare, ed è frustrante gareggiare quando tutti i tuoi compagni di squadra hanno già finito, in specialità che non sono proprio una passeggiata.
Insomma, si è tutti sulla stessa barca, ma le provocazioni e i battibecchi tra i due schieramenti non mancheranno di certo.

Che siano 50 metri stile libero o 25 chilometri in mare, al nuoto non importa: questo sport è in grado di andare oltre. Esistono cose più importanti come l’amicizia, il rispetto tra compagni di squadra e la sana rivalità, ed è meglio focalizzarsi su problemi più concreti. Ad esempio: chi mi presta lo shampoo?




9 SUGGERIMENTI DI COMPORTAMENTO ALL’INTERNO DI UN IMPIANTO SPORTIVO CHE DIFFICILMENTE TROVERAI NEI REGOLAMENTI INTERNI.

Sarebbe consigliabile
controllare le scarpe prima di entrare nell’impianto. Se sono infangate di
terra un paio di passi pestando con forza il suolo magari impedirebbe che venga
lasciata una lunga scia di terra all’ingresso.

I copri
scarpe andrebbero indossati sempre evitando che il personale richiami
continuamente coloro che tentano di sgattaiolare all’interno degli spogliatoi
senza le coperture. È un diritto e un dovere degli utenti pretendere questa
direttiva.

I cappotti,
le giacche a vento e i soprabiti andrebbero appesi all’esterno degli spogliatoi
(soprattutto dei genitori) evitando di occupare grandi spazi negli
appendiabiti.

L’ingresso
negli spogliatoi sarebbe consentito al massimo 15 minuti prima della lezione e
30 minuti dopo il termine dell’attività svolta.

Le borse
sportive non andrebbero mai abbandonate sulle panchine per tutta la durata
dell’attività altrimenti l’utenza che si trova nello spogliatoio non trova
posto per accomodarsi. Usate gli armadietti e il portaborse sopra la panchina.

Sarebbe
meglio utilizzare ciabatte sufficientemente pulite nei locali dell’impianto e
gli appositi cestini per i rifiuti di qualsiasi genere.

Non si
mangia negli spogliatoi.    Per igiene, educazione,
rispetto verso i compagni. Non è un consiglio.

Non si dovrebbe
circolare nudi negli spogliatoi (adulti). Non c’è bisogno di spiegazione.

Il genitore
non dovrebbe entrare nelle docce per aiutare il bimbo a lavarsi. Lo sostiene,
lo incita, lo sprona ma il bambino deve essere preparato a fare la doccia da
solo. Il consiglio comprende anche l’attività in piscina e il genitore non dovrebbe
sostare sul piano vasca per infilare le ciabatte e l’accappatoio; se in bimbo è
pronto per imparare a nuotare lo è sicuramente anche per indossare ciabatte e
accappatoio da solo. Il nuoto è uno sport è come tanti altri sport una delle
finalità è la conquista dell’autonomia di se stessi. Lasciate che imparino a
cambiarsi, lavarsi da soli perché’ è una esperienza formativa importante. Le prime
volte perderanno un po’ di tempo e combineranno qualche guaio ma in breve tempo
diventeranno più indipendenti e sicuri di se’.      




20 FRASI CHE UN GIOVANE ATLETA VUOLE SENTIRE DAL SUO COACH

20 FRASI CHE
UN GIOVANE ATLETA VUOLE SENTIRE DAL SUO COACH

Di NUOTOUNOSTILEDIVITA

L’allenatore svolge un ruolo di primo piano nello sviluppo e
nella crescita dei nuotatori, sopratutto dei più giovani. Di fatto quello
dell’allenatore è un ruolo fondamentale nella formazione di uno sportivo, a
livello fisico, tecnico e psicologico: in questo articolo riportiamo 20 frasi
motivazionali che qualsiasi giovane atleta ha bisogno di sentire dal suo Coach.

Energia, autorevolezza, determinazione, capacità
comunicativa, e conoscenze tecniche sono solo alcune delle qualità che un buon
allenatore deve possedere. Occorre instaurare un rapporto di fiducia reciproca,
di rispetto, di empatia. Abbiamo così deciso di raccogliere 20 frasi che un
allenatore non deve mai dimenticare di dire ai propri atleti e in particolare
ai più giovani che vedono nel nuoto non semplicemente uno sport, ma anche e
sopratutto un modo di crescere a livello un individuale, aumentando la fiducia
in sé stessi

  1. Ecco la nostra lista:
  2. Sono fiero di te
  3. Ottimo lavoro
  4. Non mollare
  5. Credo in te
  6. Continua così
  7. Mi hai impressionato
  8. Ce la puoi fare!
  9. Cerca di dare il tuo meglio
  10. Eccezionale!
  11. Ispira la tua squadra
  12.  Devi
    essere fiero del tuo lavoro
  13.  Supporta
    i tuoi compagni
  14.  Grazie!
  15.  Credi in
    te stesso
  16.  Non
    preoccuparti di fare errori
  17.  Continua
    il bel lavoro che stai facendo
  18.  Continua
    a crescere
  19.  Puoi
    sempre contare su di me
  20.  Sii te
    stesso
  21.  Sei stato
    eccellente

Lo sport praticato dai più giovani deve farli crescere a
livello individuale, deve farli sentire parte integrante di un progetto. In
questo progetto il coach svolge un ruolo estremamente importante e decisivo.
Queste 20 frasi vogliono essere una sorta di vademecum per gli allenatori di
tutti gli sport … perché non si dimentichino mai di quanto sia importante il
lavoro che svolgono sui più giovani. Non gli stanno semplicemente insegnando
uno sport, li stanno forgiando per la vita.

“I campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si
fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, ma per
raggiungere il tuo obbiettivo hai bisogno di qualcuno che creda in te, che si
metta in gioco e veda in grande dentro i tuoi occhi e dentro le tue bracciate.
L’allenatore non è semplicemente quello che sta di fianco al blocco e ti dice
cosa fare. Un allenatore diventa un po’ come un papà, a volte buono a volte
cattivo, che ti urla addosso quando hai bisogno di una scossa e che ti
abbraccia quando sa che ce l’hai messa tutta. L’allenatore diventa il tuo
migliore amico in vasca, quello che ha sempre le parole giuste e gli
allenamenti più duri, si dice che il 95% del risultato sia dell’atleta, dovuto
alla sua maturità psico-fisiologica, ed il 5% dell’allenatore. Però questo 5%
ha un peso impressionante: l’atleta e l’allenatore sono come una cassaforte e
la sua combinazione.”




UN ARTICOLO CHE NON AVREMMO MAI VOLUTO SCRIVERE

UN ARTICOLO CHE NON AVREMMO MAI VOLUTO SCRIVERE

Di nuotounostiledivita

“Il Tribunale nazionale antidoping ha squalificato per quattro anni Filippo Magnini per la violazione dell’articolo 2.2 del codice WADA (World Anti-Doping Agency) per tentato uso di sostanze dopanti.” La sentenza è stata emessa ieri pomeriggio e io ci ho messo un po’ per metabolizzare la notizia, passando attraverso differenti stati d’animo: delusione, rabbia, amarezza. Poi ho deciso di prendere cuffia e occhialini e sono andato a nuotare e ho realizzato una cosa in particolare: a prescindere dalla condanna, il nuoto italiano da questa situazione esce sconfitto. Ecco perché questo è un articolo che non avrei mai voluto scrivere.

Il Tribunale nazionale antidoping ha squalificato per quattro anni Filippo Magnini per la violazione dell’articolo 2.2 del codice WADA (World Anti-Doping Agency) per tentato uso di sostanze dopanti. La sentenza arriva a conclusione dell’indagine antidoping che si è mossa dall’inchiesta penale della Procura di Pesaro sul medico Guido Porcellini (ex dietologo e mentore del capitano del nuoto azzurro). L’atleta azzurro è stato invece assolto dai seguenti capi:

Favoreggiamento (articolo 2.9)

Somministrazione o tentata somministrazione di sostanza vietata (articolo 2.8)

In questo articolo, però, non ricostruirò passo l’indagine che ha portato alla condanna di Re Magno (POTETE LEGGERE LA RICOSTRUZIONE QUI), bensì proverò a dare un commento a questa triste vicenda che rischia di andare a macchiare in maniera indelebile il nuoto italiano.

Io con Filippo Magnini ci sono cresciuto: avevo 10 anni quando ha vinto il primo oro, velocista io e velocista lui, è stato sempre un esempio da seguire, un idolo da imitare. Lui, storico capitano della nazionale azzurra, ha fatto crescere un’intera generazione di nuotatori… e non è un caso che sia stata proprio una sua foto la prima immagine profilo della nostra pagina Facebook.

Insomma, quando ieri ho letto la sentenza è stata una sberla… ma la delusione ha presto lasciato spazio alla rabbia leggendo i titoli degli articoli che sono iniziati a uscire a raffica sul web: “dannazione, non si parla mai di nuoto e oggi deve essere in prima pagina ovunque” è stato il mio pensiero fisso per tutta la serata. Poi ho deciso di analizzare la questione in modo razionale, traendo alcune conclusioni.

Partiamo dalle parole di Filippo Magnini di ieri pomeriggio: “È una sentenza che era già scritta e per questo sono incazzato nero. Il procuratore Laviani mi ha detto a processo sbattendo i pugni sul tavolo: `Basta, ormai è una questione personale´. Parliamo di un accanimento, di una forzatura. Non ci sono prove, anzi le prove dimostrano il contrario. Faremo sicuramente ricorso”.

Ma è davvero così?

Nella sentenza di ieri non si parla né delle presunte sostanze che Filippo Magnini avrebbe tentato di utilizzare, né ci sono prove che abbia avuto effettivamente con sé sostanze dopanti che avrebbe poi potuto tentare di utilizzare, né tanto-meno vengono presentate prove circa l’utilizzo effettivo di sostanze dopanti. Anzi, la maggior parte delle prove sembrano remare contro a queste supposizioni. Le prove presentate dalla Procura sono esclusivamente delle intercettazioni, e nello specifico:

un colloquio di Magnini con Santucci sulla fornitura di certi “funghi”;

la richiesta a Guido Porcellini di inviargli certi “dati per il mio amico”;

una frase – contestata nell’interrogatorio di aprile – in cui Magnini, rivolgendosi a Santucci, parla dell’inutilità di andare al Mondiale senza assumere i prodotti indicati dal medico amico (fonti/approfondimenti)

Facciamo il punto: l’articolo 2.2 del codice WADA è chiaro e si riferisce sia al consumo sia al tentato consumo di sostanze dopanti. Filippo Magnini è stato quindi squalificato per 4 anni per tentato consumo di sostanze dopanti.

4 anni

Veniamo alla pena: una squalifica di 4 anni. Ma come 4 anni? Pensiamo ai casi italiani: nel 2012 Alex Schwazer, trovato positivo all’eritropoietina, viene squalificato per 3 anni e 6 mesi. La sua compagna, Carolina Kostner, viene invece squalificata per 1 anno 4 mesi per complicità e omessa denuncia. Com’è possibile che un caso di doping subisca una pena inferiore rispetto a presunto tentato consumo?

Ma i confronti non finiscono qui: andando a scorrere tra i casi più eclatanti di doping nel nuoto troviamo: nel 2006 Oussama Mellouli che viene trovato positivo all’anfetamina e viene squalificato 1 anno e 6 mesi, mentre nel 2013 Yulija Efimova viene trovata positiva allo steroide deidroepiandrosterone e viene squalificata 1 anno e 4 mesi…

Insomma, la condanna inflitta a Filippo Magnini è 2 volte maggiore rispetto a quella inflitta in passato a nuotatori che sono stati trovati positivi. La condanna sembra essere a tutti gli effetti “esagerata e ridicola”, riprendendo le stesse parole usate da Re Magno.

Le conseguenze

Magnini l’addio al nuoto l’aveva dato ormai un anno fa, ma questa condanna rischia di andare a macchiare la sua carriera, soprattutto agli occhi di chi non prova nemmeno lontanamente ad approfondire la questione. Ecco allora che il nuoto italiano subisce una grave sconfitta, perché Magnini, innocente o presunto tale, era un punto di riferimento, un simbolo, un’autorità. E quando una figura del suo calibro finisce sulle prime pagine dei giornali a fianco di parole come squalifica e doping, a risentirne è tutto il movimento natatorio.

Ci uniamo quindi al messaggio della Federnuoto espresso con un comunicato stampa nella giornata di ieri: “La Federnuoto esprime fiducia negli organi preposti a prevenire, combattere e perseguire il doping. Il percorso giudiziale che coinvolge Filippo Magnini e Michele Santucci ha espresso solo il primo verdetto e potrebbe proseguire. Pertanto la Federnuoto chiede il massimo rispetto nei confronti degli atleti, auspicando che riescano a dimostrare la loro estraneità alla vicenda in ulteriori sedi.”




ATIE LEDECKY – LA REGINA DELLO STILE LIBERO MONDIALE

KATIE LEDECKY – LA REGINA DELLO STILE LIBERO MONDIALE

Kathleen Genevieve Ledecky, (conosciuta da tutti come Katie Ledecky) è una nuotatrice statunitense, primatista mondiale dei 400, 800 e 1500 m stile libero. Nonostante la giovane età (classe 1997) è considerata la più forte stileliberista della storia del nuoto.

Katie Ledecky nasce a Washington il 17 marzo 1997. Nel 2012 si qualifica per gli 800 stile dei Giochi Olimpici di Londra, divenendo – con i suoi soli 15 anni – la più giovane atleta olimpica statunitense di sempre. Il 3 agosto 2012 vince la finale degli 800 sl e si laurea campionessa olimpica. Il suo crono di 8’14″63, è il secondo crono mondiale di tutti i tempi, dietro solamente a quello di Rebecca Adlington.L’anno successivo, ai Campionati Mondiali di Barcellona, Katie riesce ancora una volta a lasciare tutti a bocca aperta. Partecipa a 4 gare e vince altrettante medaglie d’oro, realizzando ben 2 record del mondo individuali e stabilendo il nuovo record del mondo nella 4×200 stile.L’unico primato che non riesce a portare a casa è quello dei 400 stile che rimane a Federica Pellegrini. Solo momentaneamente: basterà un anno di lavoro per raggiungere e superare il limite imposto dalla divina, di fatto ai giochi PanPacifici del 2014 la giovane Katie riesce a mettere le mani anche su quel record.Ai Mondiali di Kazan 2015 tenta un’altra impresa impossibile: conquistare una medaglia in tutte le distanze dello stile dai 200 m ai 1500 m. Partecipa così a 4 gare individuali oltre che alla staffetta 4×200 e porta a casa 5 medaglie d’oro, oltre a 2 record del mondo e 2 record dei campionati.È il 5 agosto il giorno in cui vincendo l’oro nei 200 m stile libero (con soli 0.16 centesimi di vantaggio su Federica Pellegrini), diventa a soli 18 anni la prima nuotatrice in assoluto ad aver vinto 4 ori mondiali, in 4 differenti distanze dello stile libero nella stessa edizione dei campionati: la giovane statunitense diventa una leggenda.Dimostrandosi abile non solo sulla distanza ma anche nella velocità, Katie Ledecky entra definitivamente nell’olimpo del nuoto mondiale. Ai Giochi Olimpici di Rio 2016 partecipa a 5 gare e vince 3 ori individuali (200, 400 e 800 sl) un oro in staffetta (4×200 sl) e infine un argento nella 4×100 stile, Katie stabilisce anche due nuovi record mondiali nel 400 e negli 800 sl.L’anno successivo, ai Campionati Mondiali di Budapest, la giovane stella statunitense vince altri 5 ori (nei 400, 800 e 1500sl, e nelle staffette 4x100sl e la 4x200sl), mentre arriva la sua prima sconfitta in gara individuale: nei 200sl è solo argento dietro all’azzurra Federica Pellegrini. A soli 20 anni il palmares di Katie Ledecky vanta 6 medaglie olimpiche e 15 medaglie mondiali, primato dopo primato, oro dopo oro, Katie è senza dubbio la regina indiscussa dello stile libero mondiale.




VITTORIE & SCONFITTE TRA LE CORSIE DI UNA PISCINA

VITTORIE & SCONFITTE TRA LE CORSIE DI UNA PISCINA

Posted by nuotounostiledivita

Vittoria e sconfitta sono parti integranti della vita di ciascun nuotatore. Stanno a fondamento dell’agonismo inteso come impegno e spirito di competizione nello svolgimento di una gara. Tuttavia, mentre si evidenzia sempre l’importanza dell’esperienza della vittoria come motivazione positiva per lo sviluppo e la crescita di un atleta, troppo spesso si dimentica il valore intrinseco delle sconfitte.

Vincere una gara è importante ma non può essere considerato l’unico obiettivo di un nuotatore. Anzi, l’obiettivo principale deve essere il proprio progresso, un miglioramento che deve essere continuo e costante.

Un miglioramento che può essere a livello cronometrico, nello stile di nuotata, nella gestione della gara… Un miglioramento che deve essere la meta ultima di ciascun atleta. La sfida più importante in uno sport come il nuoto è la sfida contro sé stessi.

Occorre sempre cercare di raggiungere e superare i propri limiti, e quando non ci si riesce non bisogna arrendersi, ma bisogna riprovare ancora e ancora, allenamento dopo allenamento, vasca dopo vasca.

Occorre imparare che la sconfitta è una tappa fondamentale nel cammino di formazione di ogni atleta. È un tassello che rimane lì a ricordarci che non siamo ancora arrivati. Che bisogna ancora lavorare. Ancora e ancora. È la sconfitta a forgiare l’animo dei grandi campioni. Insomma, occorre imparare a perdere. Sarà questa la prima vera grande vittoria di ogni agonista.

“La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarci ogni “volta”

Nelson Mandela

Il nuoto ha uno straordinario potere educativo: molte delle lezioni che impariamo nuotando le vediamo poi riflesse nella vita di tutti i giorni; ed è proprio quando ci troviamo sulla terraferma che ci accorgiamo che il nuoto, oltre che essere uno sport, è un importantissimo stile di vita.




9 COSE CHE FANNO I NUOTATORI DURANTE L’ALLENAMENTO

Posted by nuotounostiledivita

Cosa fanno i nuotatori mentre si allenano? Quali strani pensieri si nascondono sotto la loro cuffia? Ecco 9 cose che fanno (o pensano) tutti i nuotatori (ma proprio tutti) durante l’allenamento: sei pronto a scoprire quali sono?

  1. CANTICCHIANO SOTT’ACQUA

Basta ascoltare una canzone durante il tragitto in pullman o in macchina e non riusciremo più a toglierci le sue note dalla testa. Passeremo l’allenamento a canticchiare il suo ritornello. Capita spesso, troppo spesso.

  1. PENSANO AL CIBO

Il nuoto rende i nuotatori degli esseri che sono sempre, costantemente, continuamente, quotidianamente, incessantemente AFFAMATI. Durante l’allenamento pensiamo al cibo, a cosa c’è nel frigo, a cosa mangeremo appena arrivati a casa. La fame è un continuo tormento (se così lo si può definire) per tutti i nuotatori.

  1. SI DIMENTICANO A CHE VASCA SONO

Capita a tutti: arrivati a metà esercizio, nel bel mezzo della virata, immersi in una moltitudine di svariati pensieri… non ricordiamo più a quale vasca siamo arrivati. Non ci resta che affidarci al nostro compagno di squadra che sta guidando l’esercizio, nella speranza (spesso remota) che almeno lui non se lo sia scordato. (→ vedi punto 9)

  1. SI DOMANDANO: “MA COSA CI FACCIO QUI??”

Perché sono qui? Ma chi me l’ha fatto fare? Perché non sono rimasto a casa sul divano a vedermi Netflix?! Allenamenti che non hanno mai fine, centinaia di vasche ripetendo gli stessi identici movimenti, l’acqua gelida (soprattutto in inverno), la sveglia presto la mattina, le orecchie tappate. Il problema è che di questo sport non possiamo farne a meno: anzi, il realtà il nuoto lo odiamo, ma lo odiamo così tanto da amarlo.

  1. CERCANO DI CORROMPERE L’ALLENATORE

“Oggi è il terzo martedì di un mese dispari di un anno pari, secondo me l’allenamento dovrebbe essere meno intensivo del solito, non trovi?” … “Giuriamo che se ci fai uscire 15 minuti prima la prossima volta portiamo una buonissima torta al cioccolato da mangiare tutti assieme” … “Ok, una buonissima torta al cioccolato solo per te”: tutti, almeno una volta nella vita (o una volta per ogni allenamento?), abbiamo provato a corrompere il nostro allenatore… pochi (o forse proprio nessuno) ci sono riusciti per davvero.

  1. SCORDANO SE SONO PARTITI A ROSSO SUL SESSANTA O A VENTI GIALLO

Ma siamo partiti a rosso sul sessanta o a venti giallo? Ma non era verde sul quaranta? Ma di pausa erano 10 e 5 secondi? Damn. I nuotatori quando si allenano scordano. Scordano un po’ qualsiasi cosa: come si chiamano, da dove vengono, chi sono, a quante vasche sono, quando sono partiti, quando sono nati.

  1. PENSANO A QUALSIASI COSA

“Mamma che fredda l’acqua oggi… che bello il film di ieri sera… ho fame, dopo voglio la pizza… devo ricordarmi che sabato ho promesso a Chiara di uscire… che mal di testa… che mal di mare… ma quando finisce questo esercizio?… tra un po’ affogo… che fame… sono morto? sono vivo?… aiuto… sono uno squalo… ma a quante vasche sono?!”. (→ rivedi punto 3)

  1. FANNO FINTA DI AGGIUSTARE GLI SVEDESI PER AVERE UN PO’ DI RIPOSO EXTRA

“Mamma che noia questi occhialini: ogni volta che inizia il set centrale, tac, si rompono. Ma è mai possibile? sembra che facciano quasi apposta.” Eh, forse (ma dico forse) è proprio così (che poi capita che l’allenatore ti faccia iniziare a nuotare senza, e lì poi ci si diverte assai

  1. ARROTONDANO PER DIFETTO (o per eccesso) IL NUMERO DI VASCHE (perché si sono ancora dimenticati a che punto dell’esercizio sono)

Alla fine capita che tra tutte le volte che arrotondiamo per difetto o per eccesso nel corso della vita finisce che abbiamo fatto complessivamente tutti gli allenamenti precisi (forse).




7 Tipiche domande che i non nuotatori fanno ai nuotatori.

7 TIPICHE DOMANDE CHE I NON NUOTATORI FANNO AI NUOTATORI

Posted by nuotounostiledivita

Quello tra nuotatori e non nuotatori è un rapporto “difficile“. Sono certo che ognuno di voi si sia trovato a rispondere alle solite noiose domande che i non nuotatori pongono quotidianamente ai nuotatori. Ve ne proponiamo alcune:

NON E’ NOIOSO?

Cosa ci trovi nell’andare avanti e indietro da un muro? – Il nuoto non è uno sport come il calcio, la pallavolo o il Basket, che hanno un gioco costante, per questo agli occhi dei non nuotatori potrebbe sembrare uno sport noioso e ripetitivo. In realtà non è così: le ore passate in acqua seguendo la linea blu disegnata sul fondo della piscina sono tra le più piacevoli della settimana. Il nuoto è un po’ tutto, fuorché noioso.

IERI AVEVI UNA GARA, VERO? HAI VINTO?

Secondo i non nuotatori esistono due possibilità: o vinci o non sei nessuno. In realtà ci sono molti modi per vincere una gara, che non coincidono necessariamente con la medaglia d’oro. Puoi fare il tuo miglior tempo, puoi c’entrare il miglior piazzamento stagionale, puoi vincere la tua batteria. Molto meglio domandare: “com’è andata la gara?”.

VIENI A FARE UN GIRO?

Domani andiamo a mangiare una pizza? Ci sei per un caffè oggi pomeriggio? Discoteca sabato sera? – “No, mi dispiace. Ho allenamento.” oppure “No, ho una gara il giorno dopo.” Va così più o meno sempre! Il nuoto è uno sport di sacrifici e rinunce, ma sono infinite le gioie e le soddisfazioni che regala.

NON SI ROVINANO I CAPELLI A CONTINUARE A LAVARLI?

Non è fastidioso essere sempre bagnati? – in realtà dipende dai capelli. Il cloro può schiarire i capelli tinti o può rendere crespi i capelli più deboli, ma in generale basta utilizzare alcuni accorgimenti per evitare che i capelli si rovinino. Ad esempio utilizzare uno shampoo con PH neutro a fine allenamento e indossare la cuffia quando i capelli sono ancora asciutti. E no, non è fastidioso essere sempre bagnati: l’acqua della piscina è un po’ come la nostra seconda pelle.

CONOSCI FEDERICA PELLEGRINI?

Federica Pellegrini (leggi la bio) è la nuotatrice più famosa in Italia e noi nuotatori siamo grati per la visibilità che ha dato al nostro sport. Tuttavia Federica Pellegrini non viene a trovarci in piscina, non viene alle cene di società e non viene alle nostre gare. Quindi un tipico nuotatore non conosce Federica Pellegrini, così come la maggior parte degli atleti non conoscono le figure principali del loro sport.

 

NUOTI ANCORA?

Si. Non si smette mai di nuotare. Nuotiamo sempre, in estete, in inverno, in primavera e in autunno. Non abbiamo pause o vacanze. Il nuoto c’è sempre, è parte integrante della nostra vita ed è impossibile smettere.

 

COME FAI A SOPPORTARE L’ODORE DI CLORO?

Non è fastidioso l’odore di cloro anzi, lo amiamo. E’ il nostro profumo. Non chiedere a un nuotatore come fa a sopportare l’odore di cloro, in realtà ne è completamente drogato.

– da un idea di swimswam

 

Ci vediamo in piscina…




Il Rispetto della Magia

Esiste davvero la magia?

E’ magico lo sconvolgente panorama  del Grand Canyon forgiato incredibilmente dal fiume Colorado? E’ magica l’atmosfera che profuma il molo di Malibu con alle tue spalle le memorabili  scogliere californiane e innanzi a te i surfisti che attendono la grande onda?

E’ magia oppure e’ semplicemente lo stupore del viaggiatore?

E’ magico il parto di un bambino, la nascita di un essere umano e la continuazione ancestrale dell’umanità?

E’ magia oppure e’ la  natura che vuole mostrarsi nella sua perfezione?

Forse non e’ necessario scomodare la natura per stabilire se la magia esiste e forse dobbiamo solo  strizzare gli occhi e guardare con più attenzione. In maniera divera.

Vi voglio parlare di un nuotatore che ha fatto la Storia del Nuoto. All’età di sette anni Pablo Morales fu iscritto nello Swim Club Santa Clara. Non lo fece perché aveva aspirazioni di vincere un oro olimpico ma perché era assolutamente necessario che imparasse a nuotare. I genitori di Pablo erano appena emigrati da Cuba e la sua amata madre era quasi annegata durante il viaggio.

Adesso il nuoto era una priorità per l’intera famiglia Morales.

Al giovane Pablo piacque da subito la farfalla. Gli veniva meglio rispetto alle altre nuotate. In seguito dirà che è lo stile che sceglie te, non l’incontrario.

Un decennio più tardi Morales è magro, alto 1 metro e 85 e in piedi sui blocchi di Indianapolis ai Trial Olimpici Statunitensi in competizione per rappresentare il suo nuovo paese ai Giochi Olimpici di Los Angeles.

Nella sua disciplina, i 100 farfalla, si  tuffò sapendo di non aver rivali e “demoli’” il muro di arrivo in un turbinio di schiuma spumeggiante. Diventò il più veloce di sempre: 53,38 record mondiale.

Appena un mese dopo, Morales era il chiaro ed evidente favorito per vincere l’oro alle Olimpiadi di Los Angeles.

Ma Michael Gross della Germania Occidentale, un uomo la cui apertura alare raggiungeva l’improponibile distanza di 2 metri e 08 centimetri ( avete letto bene?) sconvolse Morales che schiacciato psicologicamente dalla presenza dell’”Albatros” restò a 7 decimi dal suo record mondiale. Il contingente tedesco occidentale in tribuna urlava a squarciagola la gioia per la vittoria del pupillo teutonico mentre Morales restava  agganciato alla corsia con la testa tra le mani. Tutto quello che sentiva era  il silenzio della sconfitta. E il bruciore.

Nel corso dei due anni seguenti Pablo avrebbe continuato gli allenamenti desideroso di riscattarsi a Seoul 1988. I due campioni si incontrano nuovamente nel 1986 e Morales si riprese il record del mondo volando per la prima volta sotto i 53 secondi.

Le Olimpiadi di Seoul si avvicinavano e senza ombra di dubbio Pablo era il predestinato alla vittoria e alla rivincita. Smise il College l’anno precedente al fine di mettere tutto le energie che aveva per la conquista dell’oro.  Nulla sarebbe stato risparmiato e non voleva assolutamente correre alcun rischio.

Con Morales il chiaro favorito, i finalisti dei Trial Americani che decidevano  i due rappresentanti alle Olimpiadi montarono sui blocchi di partenza pronti alla guerra. Pablo aveva 23 anni, aveva esperienza,  aveva il record del mondo  ma soprattutto aveva ancora la ferita aperta e arroventata del mancato oro nella precedente edizione dell’Olimpiade.

Ma il suo biglietto per  Seoul non lo aveva ancora in pugno.

Giunse terzo dietro al suo compagno di squadra Jay Mortensen e alla futura stella delle Olimpiadi di Seoul Matt Biondi.

Per Pablo questa non fu solo una delusione. Fu la fine.

Tutto l’allenamento, tutto il duro lavoro svanirono in un attimo. Era giunta il tempo di dire basta. Non sopportava  più le delusioni, lo sconforto e l’angoscia.

Era il momento di andare avanti con la vita fuori da una piscina e Pablo attaccò il suo costume Speedo ad un chiodo e si allontanò dallo sport. Per sempre.

1991

Quando Morales lasciò il nuoto lo lasciò per davvero. Nel corso dei 3 anni seguenti a malapena immerse un piede in una piscina.

Non era la mancanza della medaglia d’oro alle Olimpiadi nei 100 farfalla che lo convinse a smettere ma la sensazione che non potesse diventare in nessun caso il miglior delfinista in assoluto

Ma il destino serbava per lui ulteriori disgrazie.

Durante l’estate del 1991 l’amata  mamma di Pablo si ammalò e scomparve prematuramente in un paio di mesi. Fu un durissimo colpo. Allora decise  di provare a tornare in acqua.

Solo per  vedere cosa poteva fare.

Tornò al vecchio allenatore del college, Skip Kennedy, a Stanford e iniziò ad allenarsi di nuovo. Aveva bisogno di pensare ad altro per distogliere il suo pensiero dalla mamma appena deceduta. Con sette mesi di allenamento ai Trials nuotava un secondo sopra il suo record; ma non ebbe importanza; fu sufficiente per metterlo in squadra.

E questo era tutto quello di cui aveva bisogno.

Alle olimpiadi di Barcellona del 1992 Morales mostrò subito il suo marchio di fabbrica contrassegnando con il miglior tempo l’accesso alla finale

27 anni. Ma ancora tanti dubbi, tante paure. In finale c’erano il campione olimpico Anthony Nesty del Suriname e il polacco Rafael Szukala. Quella notte Pablo uscì in una calda serata di Barcellona, a braccetto con il padre e con la madre nel cuore.

Era giunto il tempo del pronti via. Finalmente. Pablo si alzò sul blocco di partenza e prese un enorme respiro purificatore di ogni pensiero negativo. Si abbassò e strinse forte le dita al blocco di partenza.

In realtà lui non si ricorda neanche oggi cosa accadde dopo.

I nuotatori parlano di una gara surreale, epica, leggendaria e….magica. Morales prese un metro di vantaggio alla virata dei 50 ma Nesty e Szukala tornarono sotto di lui di gran carriera. Sembrava che la storia fosse destinata a ripetersi.

Dannazione, ci risiamo.

Si infransero insieme sul muro di arrivo. Impossibile dire chi ha vinto. Morales esitò prima di voltarsi e il silenzio avvolse gli spalti.

Quando si girò, finalmente vide quello che aveva sempre sognato da quando ammirava il suo eroe Mark Spitz. Il numero uno davanti al suo nome.

Fu  oro.

Talvolta raggiungere un obbiettivo sarà più difficile del previsto. La sorte vi metterà a dura prova, vi schiaccerà e vi farà piangere.  Ma ci sarà qualcosa che vale più del tempo, del sudore ,dell’energia e del sangue.

La magia e’ costantemente con noi; purtroppo non abbiamo gli occhi adatti per vederla.

Gli occhi di chi ha sofferto. E soffre

Gli occhi di chi non si e’ arreso. E non si arrende.

Gli occhi di chi ha amato. E ama.

Sul podio per ricevere la medaglia d’oro qualcuno intravide una forma femminile accanto a Pablo. Qualcuno dice che  era sua madre.

 

Ci vediamo in piscina

 

 

 

 

 




Il nostro modo di gestire il Fallimento

Ciao,

quale e’ la tua reazione quando in piscina o a scuola le cose non vanno come vorresti?

O meglio, una volta che hai perfettamente compreso un fallimento e hai sfogato la rabbia e la frustrazione in “Diosolosa” quale maniera, come reagisci?

Ti arrendi?

Oppure usi il fallimento come combustibile a 100 Ottani per qualcosa di più grande?

Spero che l’irritazione rimanga li e che bruci ancora dentro di me…….”

Voglio raccontarvi la storia di un grande nuotatore che ha fatto La Storia del Nuoto. Mike Barrowman aveva appena raggiunto il sogno di ogni nuotatore; aveva tolto 5 secondi al suo miglior tempo nei 200 rana e si era qualificato per la squadra olimpica Usa Seul 1988. Aveva solo 19 anni e non si aspettava certo una prestazione di questo livello. Contento? You bet your butt (……..)

Ma le sorprese non erano ancora finite. Con solo sei settimane di allenamento fino alle Olimpiadi, Barrowman aveva alzato l’asticella delle sue aspettative. Ora lui non era soltanto dentro la squadra, ma era il favorito per un oro olimpico.

A Seoul la finale olimpica non e’ andata bene.

Dopo i primi 20 metri di gara il suo allenatore Jozef Nagy capì che il suo pupillo non era pronto a gareggiare con i migliori del mondo. “ Era ovvio che era molto spaventato”, ha detto Nagy. “ Non era mentalmente e tecnicamente  preparato alla pressione di una finale olimpica”

Al termine della competizione giunse quarto. Barrowman era così devastato dal risultato che fece trascorrere 6 mesi prima di rivedere il video della gara.

Al ritorno dai Giochi Olimpici decise di fare tutto il necessario per diventare il miglior ranista del pianeta. Disse: “Non voglio trascurare alcun dettaglio, non importa quanto piccolo sia”.

Durante i lunghi giorni di allenamento, dove passera’ 6-7 ore al giorno in acqua con il collega ranista Sergio Lopez, quando la fatica e il dolore lo avvolgevano pensava continuamente al fallimento di Seoul.

Egli ricordava la delusione.

La frustrazione.

E come non avrebbe mai e poi mai che un tale risultato accadesse di nuovo.

“ Quando mi sarò dimenticato cio  che e’ successo a Seoul, allora sarò nei guai”  ha detto Barrowman dopo aver abbattuto il record del mondo nel 1990 ai Goodwill Games a Seattle. “ Spero che rimanga li, che bruci sempre dentro di me”.

Tre anni dopo, alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, Barrowman ha dominato il campo, vincendo l’oro di oltre un secondo e frantumando il record del mondo per la sesta volta.

Ogni volta che pianifichiamo un obbiettivo sportivo o scolastico mettendo il meglio di noi stessi e poi cadiamo piatti con il viso al suolo fallendo miseramente noi abbiamo due opzioni.

Opzione uno e’ quella di smettere, abbandonare tutto. Abbiamo già provato vero? La nostra incapacità di mettere a fuoco l’accaduto, di capire gli errori e le responsabilità ci spinge a distruggere il lavoro fatto finora.

Opzione due è che usiamo il fallimento come un trampolino di lancio per qualcosa di grandissimo. Ma si, diciamoci la verità: il virtuosismo, come la fortuna e la sfortuna,  non esiste. E’ la scusa dei perdenti. Naturalmente esiste la genetica, il talento ma anche e soprattutto il lavoro, il duro lavoro.

I Campioni non falliscono mai? Puttanate!! …..anche se raramente.

Ma hanno l’abitudine, dopo avere pianto e sfogato la propria frustrazione, di trasformare un fallimento in qualcosa di positivo, in qualcosa di migliore.

Ci vediamo in piscina